Si tratta di un gioco di parole. Esaminiamo da vicino i vari sensi o prospettive
[Alfa] Se per folle intendiamo magico, allora otteniamo il magico mondo della scienza, in modo positivo, così come può essere visto dagli occhi di un fanciullo affascinato da il piccolo chimico. Ognuno di noi, durante le varie tappe della vita, ha avuto momenti di forte emozione e di stupore, di meraviglia di fronte al mistero e all’atto conoscitivo. Il Maestro di color che sanno, Aristotele, afferma lucidamente come scienza e filosofia nascano dallo stupore, dalla meraviglia (thaumàzein): «Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia […]. Ora chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere […]. Cosicché se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica» (Metafisica, A, 2, 982b). Lo stupore di Aristotele rimbalza durante i secoli, facendo eco tra i giganti del pensiero – «solo lo stupore fa conoscere» (Gregorio di Nissa) – fino ad arrivare alla nostra epoca: «Voglio capire – scrive Einstein nel 1929 nel suo Come io vedo il mondo – come Dio ha creato il mondo. Non mi interessa questo o quel fenomeno in particolare: voglio penetrare a fondo il Suo pensiero. Il resto sono solo minuzie […]. L’esperienza più bella che possiamo avere è il senso del mistero. È l’emozione fondamentale che accompagna la nascita dell’arte autentica e della vera scienza. Colui che non la conosce, colui non può più provare stupore e meraviglia, è già come morto, e i suoi occhi sono incapaci di vedere». Quindi, all’origine, la scienza nasce dallo stupore, dal fascino del mistero e dalla tensione “gnoseo-attrazionale” della mente umana. «Perché formuliamo teorie? – si interroga ancora Einstein – Perché amiamo comprendere».
[Beta] Se mettiamo l’accento sul termine mondo, il mondo folle visto dalla scienza, allora il significato del titolo di questo articolo assume una nuova prospettiva che emerge dal seguente punto di fuga: l’occhio della scienza (o meglio, degli scienziati) ha scrutato con profondità il mondo, la natura, l’esistente; ed ecco il verdetto: la natura è assurda, il mondo è folle! Si tratta della nuova Weltanschauung (visione del mondo) affiorata dopo la rivoluzione einsteiniana, insieme a quella quantistica. Culla della nostra era, la seconda rivoluzione scientifica – così come viene definita dopo quella di Copernico e Galileo – ha portato i suoi frutti inaspettati e degni del massimo stupore umano: spazi curvi fino all’incredibile numero di 950 dimensioni, universi paralleli, fotoni coscienti, buchi neri virtuali, energia negativa, bosoni fantasma, curve temporali chiuse e viaggi nel tempo! Se lo stupore è il motore della scienza, allora lo scenario che si apre nel Novecento fa impallidire i film di fantascienza. Diceva il grande fisico Niels Bohr a quanti si infiammavano nel trovare novelle e strane teorie, seguendo la voga della nuova scienza: «La sua teoria, caro signore, è folle, ma non lo è abbastanza per essere vera!». Durante una conferenza, il grande fisico e premio Nobel Richard Feynman, aprì il sipario della comunità scientifica all’uomo della strada: «Le cose di cui vi parlerò le insegniamo agli studenti di fisica degli ultimi anni di università: ora, voi pensate che io riuscirò a spiegarle in modo da farvele capire? Ebbene, no, non le capirete. Perché, allora, farvi perdere del tempo? Perché tenervi qui seduti, se non sarete in grado di capire ciò che dirò? Per convincervi a non andar via solo perché questa conferenza vi risulta incomprensibile, vi dirò anche i miei studenti di fisica non capiscono queste cose. E non le capiscono perché non le capisco nemmeno io. Il fatto è che non le capisce nessuno. […] Alcune delle cose che vi dirò vi… [sembreranno] incredibili, inaccettabili, impossibili da mandar giù. […] I fisici hanno imparato a convivere con questo problema […]. Mi auguro quindi che riuscirete ad accettare la Natura per quello che è: assurda». Possiamo riassumere la prospettivabeta con le parole di un noto matematico del nostro tempo: «È il mondo a essere pazzo. Matematici e fisici si limitano ad accorgersene» (Odifreddi, 2008).
[Gamma] Una terza prospettiva è quella di avvicinare folle a scienza, il mondo visto da una scienza folle, o meglio, la visione folle del mondo da parte della scienza, la proiezione dello scienziato folle sul mondo. Nessuno può scartare quest’ipotesi. Dando per scontato come vera la prospettiva alfa, bisogna poi scegliere tra la beta e la gamma: è sufficiente che una delle due sia vera. Se fosse vera quest’ultima allora bisognerebbe trovarne le radici: da dove nasce quella che potremmo definire come “distorsione gestaltica” della scienza, quel daltonismo cognitivo che ha reso cieca – folle – l’intera (o quasi) collettività scientifica? Da dove arriva quel «qualcosa di folle», per dirla con i termini di due eminenti scienziati, Grichka e Igor Bogdanov, quel «qualcosa che va oltre la scienza stessa»? È Einstein che per primo mette mano alla lampada di Aladino, al mondo magico e incantato delle stranezze e dello stupore, al volo icarideo della mente, come confessa candidamente D. H. Lawrence: «La relatività e la teoria quantistica mi piacciono perché non le comprendo e mi fanno sentire come se lo spazio si spostasse qua e là come un cigno che non può trovar riposo». Ma come scrisse Eulero nel 1768, «in generale la grandezza dell’ingegno non garantisce mai dall’assurdità delle opinioni abbracciate». In realtà la “mela di Adamostain” – l’Adamo scienziato – fu mangiata un paio di secoli prima nel campo della matematica. Ma non abbiamo lo spazio necessario per addentrarci in questa tematica: la riprenderemo più avanti in questa stessa collana. Per adesso dobbiamo accontentarci delle parole di uno dei più grandi logici e matematici di tutti i tempi: «Talvolta la logica genera mostri» (Poincaré, 1899). «L’universo–scriveGalileo Galilei ne Il Saggiatore – é un libro scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche». Ebbene, se i “caratteri” sono stati decriptati in modo errato è ovvio che trarremo un’interpretazione falsa da quella Stele di Rosetta che è la Natura. E il mondo ci apparirà folle. Il famoso esperimento di Wason (1966), insieme alle errate applicazioni del modus ponens e del modus tollens – ben conosciute nel mondo antico e medievale –ci permetterebbe una ancora più profonda comprensione di quelle che potremmo definire “le bugie della scienza”, per usare i termini dello storico della scienza Federico Di Trocchio. Dovremo rimandare. Nel frattempo alcuni ricercatori e scienziati “dissidenti”, docenti universitari che hanno avuto la forza di ripensare il già pensato, come direbbe Benedetto Croce – «La maggior parte dei professori hanno definitivamente corredato il loro cervello come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita. Da ogni minimo accenno di dubbio vi diventano nemici velenosissimi, presi da una folle paura di dover ripensare il già pensato e doversi rimettere al lavoro. Per salvare dalla morte le loro idee preferiscono consacrarsi, essi, alla morte dell’intelletto» – e sono riusciti a liberarsi dal collare del conformismo della logica del successo e dell’acclamato slogan dell’irrazionalità del mondo, hanno avuto il coraggio di appiccicare sulla porta del proprio studio un foglietto abbastanza vistoso, per colpire l’occhio degli studenti, con su scritto le seguenti parole: «Di fronte all’attuale situazione nel campo della scienza non si può far a meno di pensare che: o molti scienziati sono diventati stupidi, o molti stupidi sono diventati scienziati». E se trascinati dal vento fresco del nuovo millennio volessimo dare un barlume di credibilità a questa provocazione.
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