#PSPF2016 A tu per tu con Antonello Turchetti
di Francesca Cecchini
Mostre, laboratori, presentazioni di libri, incontri con esperti, l’annuale conferenza Experiencing Photography e molto altro in Perugia Social Photo Fest che torna ad invadere Perugia, anche quest’anno, in una IV edizione sotto il segno della “Cecità” in tutte le sue accezioni. Ma chi è che non vuol vedere e, soprattutto, cosa è invisibile agli occhi? Abbiamo incontrato Antonello Turchetti che del PSPF non è solo uno degli organizzatori, ma anche Direttore artistico, e gli abbiamo chiesto di condurci con lui all’interno di un festival che ha acquisito, negli anni, tanta importanza da essere in grado di trasformare il capoluogo umbro in Capitale indiscussa della Fotografia (non solo per qualità di immagine ma di vero e proprio specchio dell’anima).
Il tema di quest’anno è la “Cecità” non tanto (e solo) intesa come impossibilità di vedere attraverso gli occhi ma in qualità di “atteggiamento emotivo e sociale”. In tempi odierni, in cui i media e i social fanno da padrone nel web, come è possibile non vedere?
Questa è la domanda che mi ha spinto a scegliere di fare il festival. Uno dei talk di questa edizione andrà ad indagare sul ruolo dell’informazione e della comunicazione. E’ vero che i social media hanno un’ampia visibilità e c’è, ai nostri giorni, la possibilità di comunicare ma, a volte, probabilmente, c’è anche una standardizzazione di questa informazione. Manca l’approfondimento o può capitare che le informazioni vengano veicolate o “strabordino”. Viviamo in una società in cui le immagini e i concetti sono innumerevoli e il fatto di trasmetterli tutti insieme, simultaneamente, potrebbe portare chi è dall’altra parte a non recepire bene. Il nostro cervello, per sopravvivere, deve selezionare e non riesce ad immagazzinare tutto (il “troppo”) in maniera adeguata.
Ma, “parlando” per immagini, il fotografo è forse facilitato nel trasmettere informazione perché l’immagine è, per certi versi, più diretta…
In teoria perché poi, ad esempio, il condizionamento arriva nel momento in cui il foto editor sceglie il materiale da pubblicare. E’ un po’ un uroboro, un serpente che si morde la coda. Ad esempio, all’interno delle mostre di questa edizione ne abbiamo inserita una molto “forte” come impatto visivo. In tempi non sospetti, perché il festival è stato anticipato (NdR. PSPF era previsto per il mese di novembre), abbiamo scelto il progetto Fuori dall’ombra di Silvia Amodio. Un progetto di cinque anni fa sulla pedofilia clericale. Non volendo, per ricollegarci al discorso dei media, l’Oscar del film Il caso Spotlight (NdR. Oscar 2016 per miglior film dell’anno) porterà alla mostra maggiore visibilità. Un lavoro, questo di Silvia, che è stato rifiutato anni indietro proprio per il tema trattato. Ora, a fronte di questo Premio, sarà, probabilmente, rivalutato, nonostante lo meritasse a prescindere per l’argomento che rappresentava allora, non solo oggi, una piaga sociale enorme.
Nel festival si parlerà di fotografia sociale di denuncia e riflessione, di riscatto di identità individuali e collettive per dare voce agli “esclusi”. Considerando, purtroppo, la vastità di categorie di “esclusi” esistenti, focalizzerete l’attenzione su una o più tipologie di “diversi”?
Il festival nei suoi quattro anni di vita ha cercato di dare spazio a più voci possibili e anche in questa edizione non vogliamo fossilizzare l’attenzione solo su una categoria. Nella logica di PSPF cercheremo di raccontare storie che in altre realtà non vengono narrate. Ragion per cui, ad esempio, non abbiamo preso in considerazione l’argomento “immigrati” perché, con tutto il rispetto che ho per loro, il tema è già largamente affrontato.
L’esempio di un “escluso” di cui non si parla spesso nei social media e che ritroveremo nel Photo Fest?
Per farti un esempio, tra le mostre ce n’è una, in anteprima nazionale, sull’omosessualità femminile trattata da Valerio Bispuri (Ndr. L’amore di Betania) con grande delicatezza senza mai cadere in stereotipi.
Vedo nel programma che si cerca di coinvolgere le giovani generazioni…
Si. Quest’anno abbiamo deciso di coinvolgere, ancor più, direttamente e indirettamente, i giovani per sensibilizzarli alle tematiche. Oltre ad uno spazio Young che prenderà piede nei prossimi giorni, parallelamente al festival, insieme al Forum Regionali dei Giovani dell’Umbria e al Centro Servizi Giovani sono già partite una serie di attività collaterali.
Due giorni di conferenza incentrata sulle “fotografie per migliorare il benessere e ridurre l’esclusione sociale”…
Durante la conferenza Experiencing photography #4, uno dei punti fermi del PSPF, verranno affrontate varie progettualità italiane ed internazionali. La stessa immagine nella locandina del festival, dal titolo Insieme si vede (a cura della Comunità Pubblica dei Minori di Lecce) ne è la dimostrazione: la manifestazione ha sede a Perugia ma in questi anni ha avuto la possibilità di estendersi su territorio nazionale e, soprattutto, europeo tanto da ottenere il riconoscimento del “Europe for Festivals/Festivals for Europe Effe Label 2015-2016”. La “cecità” è, in parte, anche uno stimolo: ci saranno dei fotografi non vedenti e sarà davvero interessante capire come realizzano il loro lavoro. Avremo una mostra che per tre quarti andrà vissuta non solo con la vista…
“Fotografia terapeutica” quale mezzo di riattivazione della percezione e di stimolo interiore personale. Come si attua questo processo?
E’ molto complicato da spiegare ma ti posso dire che la fototerapia e la fotografia terapeutica hanno aspetti molto simili ma anche altrettanto differenti tra di loro. Il principio base è che non si lavora sull’aspetto estetico-esteriore dell’immagine quanto, piuttosto, l’immagine diventa uno strumento per poter accedere più facilmente e in modo più diretto a delle aree personali che sono più bloccate. Ti spiego: se io dovessi, come terapeuta, chiedere direttamente ad una persona di affrontare un problema, le strutture interne di difesa, almeno nel 90% delle volte, non consentirebbero al soggetto di comunicare. E’ un po’ come il pensiero del lateral thinking: attraverso l’immagine e, quindi, attraverso il suo processo evocativo, si può accedere più direttamente alle aree nascoste e quindi intervenire, soprattutto psicologicamente.
Perciò, in base a questo percorso terapeutico, è più importante la qualità di un’immagine o lo spirito evocativo della fotografia?
In questo caso specifico la parte artistica-tecnica assolutamente non è presa in considerazione ed è più importante l’aspetto evocativo delle immagini. In merito a questo, ci sarà la presentazione di un libro, Oltre l’immagine (NdR. di M.Aliprandi, F.Belgiojoso, S.Calò, A.D’Ercole, C.Gusmani) scritto da cinque psicologhe che, tra l’altro, collaborano con noi dal primo anno, che indaga proprio il rapporto tra inconscio e fotografia. Ti faccio un esempio semplice per farti capire: immagina di aprire un vecchio album di fotografie di famiglia e rivedere un’immagine di dieci o quindici anni fa. In automatico ti sentiresti proiettata indietro nel tempo, a quel preciso momento. Sarebbe come se ti si riaccendesse, a volte anche a livello tridimensionale, l’istante che stavi vivendo. In questo caso la fotografia diventa una vera e propria “porta di accesso preferenziale”.
Per concludere, due anni arrivò nelle redazioni giornalistiche una tua mail in cui annunciavi la sospensione del PSPF per mancanza di fondi. Mi ricordo che la reazione d cittadini di Perugia fu immediata. Eravamo tutti sbigottiti da questa comunicazione. Oggi siamo qui, all’inaugurazione della IV edizione. Come avete fatto a salvare il festival?
Appena, con grande fatica, abbiamo comunicato la sospensione del festival, a pochi mesi dal riconoscimento europeo di cui ti parlavo prima – e il PSPF è l’unico festival di fotografia inserito in questa classificazione -, sono seguiti una decina di giorni fantastici ed inaspettati durante cui la risposta è stata incredibile. Questo è stato per noi motivo più che valido per poter riproporre un festival che ha necessità di esistere per le tematiche affrontate, perché è un festival in cui la fotografia è un pretesto per creare un programma ricco di eventi e perché credo che Perugia abbia bisogno di una manifestazione che ha un fortissimo respiro internazionale. Due anni fa abbiamo fatto un’edizione dedicata al concetto di “resilienza”, quindi, non potevamo “non resistere”.
Perugia Perugia Social Photo Fest 11-28 marzo a Palazzo della Penna. Per il programma dettagliato consultare www.perugiasocialphotofest.org
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