I just want you to know who I am – (Iris, Goo Goo Dools)
“Io voglio solo che tu sappia chi sono”
A volte le parole suonano una musica che l’aria confonde, altre volte fare una strada significa andare oltre. Si comincia così, con l’idea di cambiare il vento, accorgendosi degli odori, seguendo soltanto la pista del cuore. Ilaria Capponi è emersa così velocemente, quasi da risultare trasparente. Idee chiare e flash di vita fosforescenti. Moda, Basket, musica, giornalismo, fotografia, spettacolo: tutti mondi capovolti che hanno in comune soltanto una cosa: lei.
Ma chi è veramente Ilaria Capponi? «Sono una ragazza atipica, camaleontica. Una volta hanno scritto di me che so passare tranquillamente dalle scarpette ai tacchi a spillo: è verissimo! Ho diverse personalità che mi permettono di frequentare ambienti differenti senza avvertire disagio. E ci riesco perché, non lo dico per uno stupido luogo comune, sono una persona umile».
L’umiltà è un percorso, anzi, una destinazione. Come ci sei arrivata? «Con lo sport. Giocando a basket ho imparato tante cose. La pallacanestro ti mette alla prova con quelle che sono le tue capacità, le tue competenze e quando giochi non vai mai ad analizzare ciò che pensano gli altri o se il pubblico ti giudica male. Tu sai quello che vali veramente, quello che dai per ottenerlo e soltanto dopo ti confronti con gli altri. Nell’ambiente del mio lavoro non vedo molta umiltà. Questo “percorso” lo fanno in poche, anche perché si sentono tutte le più belle».
Apriamo la parentesi del Basket, che ruolo ha dentro di te? «È una passione indelebile, un pezzo di cuore che batte parallelamente alla realtà. È stata la mia prima scuola di vita. Quando ero nelle giovanili giocavo senza difficoltà 30-40 minuti. Playmaker, pivot, in qualsiasi ruolo. Ero brava in palleggio ed ero tra le più alte in squadra. Fisicamente univo la resistenza ad un ottima velocità di base. Praticamente in Umbria (parlo della classe ’90) non avevo tanta concorrenza e volavo un metro sopra terra. Non a caso a 15 anni sono andata in serie A, destinazione Viterbo. Dopo qualche mese però, ho fatto subito i conti con la realtà e sono tornata con i piedi a terra. È stato come scoprire un nuovo mondo. Da prima della classe a una delle tante. Le mie compagne, per la maggior parte straniere, erano fisicamente il doppio di me. Inizialmente cambiai ruolo per giocare a guardia poi, nel 2007, dopo due anni frenetici, fra moda, studi e tutto il resto, ho deciso di smettere. Ho avuto modo di conoscere i miei limiti…»
2007, l’anno in cui sei stata a Miss Italia… «Già ti dico che non è stato il concorso a farmi smettere di giocare. A volte nella vita si arriva a un punto in cui non ci si può più voltare. Capisci che se vuoi andare avanti devi lottare, sacrificandoti ogni giorno per arrivare più in alto. Ho mantenuto lo spirito che questo meraviglioso sport mi ha insegnato, ma ho scelto la via dello spettacolo. Sarei ipocrita se dicessi di non aver valutato il rapporto sacrificio-guadagno».
Arriviamo allo spettacolo allora… Quante tappe hai percorso per arrivare fino qua? «A 13 anni ho iniziato con la moda. Fisicamente ero al top e, paradossalmente, sono stati gli anni in cui ho lavorato di più. Ho sfilato per Fendi, Gattinoni e tanti altri. Poi a 14 anni ho conosciuto Guido Amico che mi ha coinvolto nel progetto Miss Teenager. Sono arrivata alle nazionali ed ho vinto la fascia di Miss Modella Domani. All’epoca ero molto timida e quell’esperienza mi è servita per scoprire che, nonostante tutto, in quell’ambiente ero a mio agio. Sfilare in passerella o davanti l’occhio della telecamera mi faceva stare bene. Così cominciai con i book fotografici e le prime agenzie».
Qual’era la tua giornata tipo? «Per due anni ho fatto una vita assurda! La mattina andavo a scuola a Perugia e appena finito prendevo il treno per andare a Roma. Il pomeriggio facevo corsi di dizione e di portamento e poi tornavo. Nel viaggio in treno aprivo i libri per studiare e successivamente, una volta giunta a casa, ripartivo per andarmi ad allenare».
Ilaria e la pigrizia sono due rette parallele! «(ride, ndr) Sono una persona dalle idee abbastanza chiare e non mi piace perdere tempo».
Quando si è interrotto il tuo percorso nella moda? «A 16 anni. Una volta andata a Viterbo a giocare in serie A, ho intensificato notevolmente gli allenamenti. Diciamo che ero diventata troppo muscolosa e non andavo bene per i canoni che la moda richiedeva».
Mi sembra di averla già sentita questa storia… Miss Italia 2007! «Quando ho fatto il concorso avevo 17 anni. Giunsi in finale e, a detta di molti, ero tra le favorite. Nel momento cruciale, quando molte ragazze in studio tifavano per me, un noto stilista uscì con un affermazione scabrosa: “è troppo grassa”. Rimasi stupefatta. Ero una taglia 42, ma quello che avevo in più rispetto alle altre erano solo i muscoli del basket. Arrivai terza: la prima era una taglia 38. Allora iniziò una polemica assurda sull’anoressia e certi stereotipi di moda. Cominciai a fare interviste ovunque, nei giornali, nelle tv e in diversi siti internet. Ero diventata l’icona della ragazza in carne».
Più che una critica è stata la tua fortuna! «Sì, decisamente, anche perché il titolo di Miss Italia obbligava le aziende interessate ad una spesa maggiore. Diciamo che in me hanno trovato il personaggio giusto, sia dal punto di vista economico che da quello mediatico. Così ho ricominciato a sfilare per la moda, toccando varie parti d’Europa: Roma, Milano, Monaco, Dusseldorf. Una rivincita importante che mi ha aperto le porte al mondo della televisione. Ho esordito con “La botola” il programma su Rai Uno che conduceva Fabrizio Frizzi. Poi ho continuato con varie comparsate, fino all’intervista andata in onda su Verissimo, canale 5. La storia ambigua fra basket e moda ha destato una certa curiosità».
Una volta approdata in tv cosa hai realizzato? «Non ho avuto tutte esperienze felici, anzi. Senza entrare nel dettaglio, ho vissuto delle circostanze che mi hanno fatto capire che non si può vivere di sola immagine. A parte tutto quello che ruota intorno alla meritocrazia, ho realizzato che le belle ragazze non moriranno con me. Ogni anno arriverà la bellona di turno che avrà i requisiti giusti (ride ironicamente, ndr). Così, dopo aver valutato alcune cose, ho scelto la strada del giornalismo. Per fortuna oltre l’aspetto, penso di avere anche altre doti…»
La scelta del giornalismo non è caduta a caso quindi… «Assolutamente no, anzi, è semplicissima nella sua forma. Come detto sono una ragazza dalle idee chiare e non sono stupida. Voglio sfruttare la mia immagine e coltivarla insieme alle mie passioni. Sarebbe bello scrivere di sport».
Mmmh! Vuoi per caso diventare l’Ilaria D’Amico della pallacanestro? «Bravissimo! (ride, ndr) Hai colto subito nel segno. Anche se, non vorrei scrivere necessariamente di basket, a me piace tutto lo sport in generale e me la cavo bene anche nel calcio».
La tua voce ferma ci dice che non stai mentendo. Qual è la tua formazione? «Quando ero giovane vivevo in funzione del basket e sognavo di andare a giocare in America, così ho scelto il liceo linguistico. A quell’età si inseguono sogni a volte troppo grandi, poi, quando si cresce, la strada che si sceglie è quella più vicina alla praticabilità. Momentaneamente mi sono iscritta all’Università. Ho scelto comunicazione di massa, un ramo di lettere e filosofia che è un orientamento al giornalismo».
I tuoi occhi parlano chiaro, fin troppo. Dentro ci sei tu, la tua vita. Quali sono le tue verità? «Ho un tatuaggio, nella parte interna del braccio che dice: Pur di non arrivare chissà dove preferisco rimanere mediocre ma dignitosamente. Poi ce ne un altro che non ho fatto, ma che forse un giorno farò. È una frase di Anthony Robbins che riassume il mio pensiero: L’unica vera certezza nella vita è la consapevolezza che in ogni singolo giorno tu stai migliorando te stesso. Seguendo questa linea ho vissuto e attraversato tutte le difficoltà che finora ho incontrato».
A proposito di Anthony Robbins, seguendo la sua scia, dicci i tuoi obiettivi a breve e a lungo termine? «Faccio un esempio: se pensi di dimagrire 10 kg in un mese vai fuori di testa, perdi le motivazioni e non ottieni risultati. Invece se ti dai degli obiettivi a breve termine costantemente, raggiungendoli, te li dai sempre di più e prendi un ritmo, un meccanismo che va crescendo. Mettiamola così: se non hai obiettivi non devi neanche uscire di casa. A lungo termine invece l’obiettivo è finire l’università, per diventare giornalista!»
Dieta, un tasto importante per il tuo lavoro. Che rapporto hai con l’alimentazione? «Ho fatto tantissime diete ma non sempre ho avuto i risultati desiderati. Mi piace interessarmi su tutte le cose che faccio ed ora, dopo aver studiato molto sull’argomento ed aver capito quello che era meglio per me, ho ottenuto ciò che volevo. Ho perso 8 Kg, ma ho mantenuto forza e brillantezza. Insomma, sto bene!»
Che rapporto hai con la cucina? «Sono una buona cuoca e… un’ottima cliente di mamma: in famiglia siamo abituati bene! Ogni giorno, sia a pranzo che a cena, ci prepara un antipasto, un primo, un secondo e un dolce. Ovviamente ora ho dovuto allentare la presa, ma la mia parte non va di certo perduta (ride, ndr)».
Che rapporto hai con la tua famiglia? «Sono tornata a vivere a casa proprio poco tempo fa. Ora, ad essere sincera, la mia camera sembra uno spogliatoio, Faccio e disfo la valigia una volta al giorno. Il mio ritmo di vita è sempre quello, che ci posso fare? Il mio rapporto con loro è buonissimo. Abbiamo un enorme cosa in comune: il basket. Tutti i componenti della mia famiglia sono cestisti. Mia sorella Alessia è bravissima. Mio papà, nonostante l’età, gioca tra gli amatori. Mia mamma Sabrina invece ha smesso, ma in compenso fa la pittrice: è un artista a 360 gradi! Anch’io dipingo, seguendo le sue orme, ma sono alquanto macabra…»
Oltre la pittura, quali sono le tue passioni? «Mi piace da morire la fotografia, in tutti i suoi aspetti. Poi mi piace scrivere. Adoro usare un lessico elevato e ricercato. A volte ciò che scrivo potrebbe sembrare un po’ pesante, però riesco a dare ritmo e scorrevolezza ai miei scritti. Diciamo che mi piacerebbe anche scrivere un libro, ma non ho la continuità necessaria per dar seguito alle buone idee iniziali. Ci sto lavorando, vedremo…»
Arte, creatività, quali sono le caratteristiche principali del tuo carattere? «Diciamo che sono pacatissima ed è raro vedermi alterata! Quando capita però è meglio che non ci sia nessuno davanti, altrimenti… Per il resto sono molto riflessiva, diplomatica».
Il valore più importante della tua vita? «Il rispetto. Molti pensano al rispetto inteso soltanto nella relazione fra uomo e donna, ma il rispetto è ovunque. Che sia per un’intervista, nel parlare con una persona, nel mangiare, nel porsi. Insomma, lo reputo fondamentale: è la prima cosa».
Passiamo alle domande un po’ scontate, che però ci piacciono sempre! Musica, che genere ascolti? «La musica mi ha dato tanto ed è proprio traducendo i testi, parola per parola, che ho imparato l’inglese. Ascolto gli U2, i Coldplay e tutto il genere suonato con la chitarra acustica, country, stile americano. Ah, dimenticavo, anche io l’ho suonata, inoltre adoro andare a cavallo. Poi, tornando alle canzoni, ce n’è una che mi ha fatto impazzire: Iris, dei Goo Goo Dolls. L’ho avuta come sveglia, come suoneria e come singolo di un unico cd. Da sei anni non riesco a farne a meno».
Qual è frase di una canzone che ti è rimasta impressa? «”La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare” – Jovanotti (vertigine come VERTIGO, la nostra filosofia di vita… ndr)».
Film: i tuoi tre preferiti. «Non li metto in ordine, anche perché forse non c’è. Proposta indecente, Million Dollar Baby e Braveheart. Il secondo è scarno, pesante, ma ha dei monologhi bellissimi. Braveheart è meraviglioso. Ancora ho in mente la scena finale, ha mollato quel fazzoletto solo da morto: dentro c’era tutto, il principio, l’amore, la sua vita».
Un libro che porti sempre con te. «”Morte di un fotografo” – Douglas Kennedy. Lui ha scritto che la macchina fotografica serve a tirar fuori le cose più nascoste che uno ha. Sono estremamente d’accordo. Forse è per questo che non mi piacciono le foto che mi fanno…»
Qual è la tua utopia? «Mi sarebbe piaciuto essere una fotografa di moda e non lo dico solo perché ne stavamo parlando… L’essere stata fotografata mi ha aiutato a sviluppare cose che altri fotografi non vedranno mai. Nel mio lavoro sono tutti bravi, tecnicamente, ma in pochi riescono a cogliere quello che il flash riesce davvero a toccare. Alcuni fotografi pensano che il soggetto sia soltanto un manichino. Io credo che la differenza la faccia l’ambientazione, la musica. Insomma, tutto ciò che serve per far uscire la personalità del soggetto».
A proposito di personalità: nel mondo dello spettacolo, fra cinema, teatro, tv, musica, qual è la persona che emerge? «Mi piace molto Ilaria D’Amico, ma non soltanto per il lavoro che fa. In un ambiente tendenzialmente maschilista come quello del calcio, riesce sempre a mantenere il controllo della situazione. Tra l’altro lo fa in diretta! O è molto presuntuosa oppure ha tanta conoscenza in materia…»
Dove ti immagini da qui a 20 anni? «Dipende. Se il mio lavoro andrà particolarmente bene sarò a New York a fare la bella vita, altrimenti mi vedo in un ranch, tra cavalli e natura selvaggia. Diciamo che al sabato sera in discoteca preferisco la camminata a cavallo la domenica mattina».
Tutti questi sogni, portano all’ultima curiosità, cosa deve avere un uomo per colpirti? «Non deve essere monotono!»
Come si combatte la quotidianità in un rapporto? «Con la semplicità. Chi parte forte, in genere, arriva alla monotonia manifestando uno stato di insoddisfazione. Se invece il rapporto si sviluppa sin dalla piccole cose, con semplicità, aumenta in crescendo».
Che ci dici della tua sfera sentimentale? «Sono fidanzata da molto tempo. Il mio ragazzo ha 31 anni e le cose vanno a gonfie vele. D’altronde mi trovo meglio con le persone più grandi».
Gli ultimi fuochi: cosa stai facendo ora? «Avevo appena firmato un contratto per una trasmissione televisiva con Mike Bongiorno. Nel 2007 era lui che ha condotto Miss Italia e si era ricordato di me. La trasmissione sarebbe andata in onda in uno dei canali del digitale terrestre. Avrei avuto un ruolo da protagonista… Diciamo che, professionalmente, sono stata molto sfortunata, ma in una vicenda del genere non è questo, di certo, l’aspetto che conta di più. La morte di Mike è stata una disgrazia per tutto il panorama televisivo italiano. Poi, come dice Robbins, non è forte chi non cade ma chi cadendo ha la forza di rialzarsi… »
Attualità: nel vostro mondo c’è una psicosi per l’influenza H1-N1? «Nel mio mondo c’è talmente tanto amor proprio che qualsiasi cosa che possa influenzare l’aspetto in qualche modo diventa un dramma. A partire dalla puntura di una zanzara…»
Infine ti facciamo un assist: giornalisti si nasce o si diventa? Al di là del modello D’Amico, che tipo di giornalista ti piacerebbe diventare? «Giornalisti si nasce, ma ci si diventa seguendo il giusto percorso. Fondamentalmente non farò mai politica, visto che non sarei imparziale. Una delle regole basi del giornalismo è proprio questa. Un buon giornalista deve essere imparziale».
Siamo di parte se ci auguriamo che questo talento non vada sprecato?
Siamo di parte se ci auguriamo di vedere realizzati i suoi sogni?
Forse sì, ma in fil rouge tutto è consentito…