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Tutte le ‘E’ del concerto di Elisa a Perugia

Recensione Elisa | Animavola tour | Perugia 

E come ‘emozione’, E come ‘entusiasmo’. Da qui comincia la cronaca della tappa umbra dell’Animavola tour di Elisa, venerdì 22 marzo, al PalaEvangelisti di Perugia. 
In principio, E come ‘entrata’. Una ragazza semplice, in vestiti semplici – leggins, t shirt, scarpe fluorescenti e pancia a vista – al centro di una dinamica palco alquanto, invece, complessa, viva e magica nelle sue due E strutturate una di schiena all’altra per lasciare quattro spazi nei quali i fan più affezionati hanno cercato di avvicinare più possibile l’artista.
E come ‘english’. Delle due anime di Elisa che certo mai smetteranno di colloquiare fra loro, artista internazionale e cantautrice italiana, inizia quella tricolore. Nella tracklist del concerto, infatti, prima di tutto, le canzoni de “L’anima vola”, ultimo album e primo lavoro totalmente in lingua italiana. Con alti e bassi, in lingua nostra, nei quali l’artista sembra ora nuova ora difficile da riconoscere, si arriva ai successi che hanno fatto di Elisa un punto di riferimento della musica italiana. 
E, quindi, E come ‘evergreen’. Esplode dopo oltre 40 minuti di concerto una “Labyrinth” d’annata, seguita da una più italica “Luce” e dalla sempre emozionante “Dancing”. Elisa adesso indossa un abito dalle linee asiatiche, di colore rosso a contrasto con un piano a mezza coda bianco al centro del palco. Il piano suona e il clima si fa intimo. Poi, tutto prende vita ancora con “Ancora qui”, quella inclusa nella colonna sonora dell’ultimo film di Tarantino, mentre sul widiwall alle spalle della band, grande protagonista dello spettacolo, Django si è liberato delle catene e, a loop, è un’ombra nera su uno sfondo fumettato da tipico West. Scorrono così le tracce e il PalaEvangelisti, non pieno ma vivo e partecipe al live, fino alla “richiesta del pubblico”, iniziativa già diffusa sui social. Alla domanda ‘cosa vi canto?’ qualcuno, dal pubblico, ci prova e urla: “Wholla lotta of love”, quella dei Led Zeppelin. Elisa non si tira indietro e dopo uno dei più celebri reef della storia del rock, a livello mondiale, mostra l’altra sé, quella immersa nella cultura musicale internazionale, in inglese. Quindi “Stranger” e “Rock your soul”, quando la cantante insieme alle tre coriste, multitasking,  portano il vento sul palco. 
E, inoltre, come ‘etnica’. Oltre l’Italia e l’Inghilterra o gli States, l’anima vola al di là dei confini, con due scali. Il primo in Africa con un Elisa che imbraccia, anzi indossa, un tamburo per una preghiera senza confini, il secondo in Asia. Il concerto sembra finito, ma appare, via cavo, una danzatrice di tradizione indocinese che a scatti porta tutti dentro la traccia “It is what is this”. 
Di non poca importanza, quindi, E come ‘effetti’. La qualità e la ricchezza dello spettacolo valgono il live, fra alti e basti, al di qua e al di là dei confini. Perché sul palco lavorano, per tutto il tempo, diverse telecamere che trasmettono, in ogni momento, frammenti di spettacolo. Pubblico delirante  compreso. Tutto si può vedere, in tempo reale, sul grande schermo che, sempre per tutta la durata del live, comunica con quattro supporti più piccoli, ma sempre di grandi dimensioni, che si muovono per il palco seguendo anche loro una propria narrazione. 
Infine, E come  ‘end’. All’uscita dal palazzetto perugino, si sentono i commenti e questo dubbio che i fan vivono: quell’italiano toglie o aggiunge qualcosa al certo talento di Elisa? A conti fatti – forse si può anche dire così – in inglese Elisa è più profonda, più coraggiosa, più forte, ma certo non si può negare quanto il suo abbraccio, in italiano, sia più familiare per chi la ascolta. La migliore risposta, la più utile soluzione al problema sta nel fatto che, in ogni caso, i fan hanno visto ripagata la fiducia che dimostrano, in lei e nella sua musica. Questo è l’importante. In qualunque lingua lo si pensi.

Recensione Elisa | Animavola tour | Perugia 

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