Alla mia età. Tiziano Ferro in tour a Perugia
Tiziano Ferro a Perugia con Alla mia età Tour 2009. All’inizio è sempre quello smarrimento. Quella sensazione di inadeguatezza che ti assale quando sei in mezzo a così tanta gente, luci ancora accese e cornina multicolori che spuntano dalle teste di tutti. A volte ti chiedi cosa diavolo ci fai lì. È buffo, non te lo ricordi. L’attesa, è la parte più difficile. Dove non si respira, dove non si esce. Finché non sposti lo sguardo verso un punto lontano, ed il punto più lontano che riesci ad immaginare è il palco. Lo fissi intensamente finché tutto si allarga di colpo, a strapparti via dalla noia. A strappare via una lacrima ai cuori più sensibili. Il palco hi-tech in alluminio lucido si illumina. Ancor prima d’accorgertene, sei sommerso dalle note di La tua vita non passerà. Ed ecco Tiziano Ferro. Sì, è proprio lui. Viso da bravo ragazzo. Voce da far venire i brividi. Estensione vocale da due ottavi e mezzo. Eh sì… Proprio lui. Rubi la sua immagine per poterlo descrivere nei minimi dettagli a chi ti chiederà com’è fatto. Mentre dice di somigliare al mondo in tanti aspetti e nei difetti più evidenti, difende la vita, quella di lei, perché la vita è forte, dice Tiziano Ferro. La vita è forte. È una grande immagine da incorniciare, la voce di un artista che lega a catena le confusioni di tutte quelle anime così differenti. Il concerto scorre veloce tra L’olimpiade e L’imbranato, due canzoni diametralmente opposte nel tema, ma entrambe cariche di significato profondo. La folla esplode con Xdono, la prima canzone sulla quale mise orgoglioso la sua firma. Le parole scivolano via come acqua… Complicità. Canta la bambina sulle braccia del papà, canta l’adolescente un po’ a disagio che ha portato la sua prima fidanzata lì, canta la mamma di 45 anni, canta la ragazzina di sedici anni che bacia tutte le sere il suo poster in camera. Ecco come fa una semplice canzone a rendere le vite che la cantano identiche e parallele. Poi, a metà concerto, il pezzo che tiene da parte, da sparare a sorpresa. È sempre stato un violento romantico. Due parole: sere, nere. Neanche a dirlo, accendini. Dondolamento braccia al cielo: a destra e a sinistra. Al di là della ritualità dei gesti, c’è realmente un trasporto fortissimo. Cambio repentino d’abito per Per un po’ sparirò: camicia bianca, giacca, papillon. In seguito, Tiziano Ferro ci ricorda che Il sole esiste per tutti: ma dirlo su un elevatore a sette metri da terra, sottolinea la potenza della canzone. Ci ricorda che il sole sta in alto, e trasmette luce, tanta luce. Mentre sotto, estremo movimento. I breakers Cico e Footzebull che fanno sbalordire con coreografie impregnate di breakdance e di salti mortali, su e giù da un palco, su scale, scivoli, rampe. Ma con leggerezza. Bisogna immaginarselo con leggerezza. In seguito, Tiziano Ferro ringrazia sempre chi sa piangere ancora alla sua età, e finge di uscire. Di nuovo sul palco per il gran finale, degno d’un gran concerto: Non me lo so spiegare. La canta in un modo da rimanerci… A bocca aperta. Voglio dire, una canzone che resta addosso per lunghissimi minuti, una presenza costante e sentita, un qualcosa che esiste anche dopo che le luci si spengono. Non è forse questo, un bel concerto? Una stanza di sogni senza uscite, come se fossimo noi a bruciare, e il mondo, fuori, impassibile.