Architettura & Musica

È un matrimonio che se chiudete gli occhi per un attimo, può palesarsi nella vostra immaginazione, come due amanti che si uniscono in una serenità di toni, di mosse, di figure scandite da un ritmo che maestosamente crea passione, ardore, sensualità e senso armonico. La natura stessa è musica ad altissimo livello, è un campo vibrazionale in perpetua trasformazione; è un insieme di forze armoniche che creano equilibrio. Con l’udito noi possiamo facilmente concepire il cambiamento senza che nulla stia cambiando, ascoltando una melodia abbiamo la chiara  percezione del movimento, senza che necessariamente qualcosa si muova. L’architettura, come la musica, è un elemento che ha l’obbligo di comunicare e quindi coinvolgere tutti gli ambiti sensoriali dell’individuo, come se per un musicista fosse possibile progettare il tempo e per un architetto suonare lo spazio; entrambi offrono all’artefice e al fruitore la possibilità di essere completamente coinvolti o immersi nell’opera. Ritmo, colore, armonia, simmetria, serialità, pieni e vuoti… sono solo alcuni degli elementi che hanno in comune queste due arti o discipline scientifiche a confronto. Ho sempre sognato di comporre una melodia (ne avessi le capacità), che raccontasse la storia dell’uomo e dell’architettura da lui vissuta, fatta di concetti, di negazioni, di salti, di spunti, di alti e di bassi, di magnificenza e di decadenza, di classicismi e di contemporaneità, di sfarzi e di rinunce, di manierismi e minimalismi. Molto spesso immagino e compongo dentro di me una musica forte potente e generosa, ma allo stesso tempo brillante ed intensa come un buon bicchiere di vino rosso d’annata, se l’ associo alle prime costruzione o rifugi dell’ uomo, sino ad arrivare all’epoca moderna e contemporanea, composta di melodie sempre più complete ed equilibrate, mature e giuste, fatte da finali vellutati ed eleganti, non prima però di aver vissuto nei secoli una miriade di alternanze di stili, di ritmi e di toni. La musica esiste dalla “notte dei tempi”, sicuramente da prima ancora che ne rimanesse traccia storica. Non c’è stata civiltà che prima o poi non abbia sviluppato un proprio sistema musicale o che non ne abbia adottato uno, seppure adattandolo alle sue necessità e ai suoi gusti; tutto ciò si può dire anche per l’architettura e degli stili che nei secoli l’hanno composta.  Ricercare i rapporti tra architettura e musica spinge inevitabilmente ad affacciarsi all’intero arco della storia della nostra civiltà, essendo ogni manifestazione artistica interamente connessa con i presupposti culturali dell’epoca. L’architettura e l’urbanistica raccontano la storia del mondo, sono l’epidermide della terra, comunicano e scandiscono gli spazi della città dando vitalità ai popoli che la vivono. La musica è ritmo, quindi tempo (lento, andante, presto…), se il tempo è la dimensione dello spazio quindi, anche il tempo musicale può generare spazi nuovi e mutevoli. La percezione della mutevolezza del tempo, la possiamo avere nell’ascolto della musica così come nella percezione di uno spazio. Nella musica, disciplina inserita a pieno nel quadrivium delle arti (insieme a geometria, aritmetica e astronomia) si trova conferma delle leggi che regolano il macrocosmo e il microcosmo rivelate da Pitagora e da Platone. Di qui nasce la convinzione che l’architetto non sia in nessun modo libero di applicare all’edificio uno schema casuale di rapporti, ma che tali rapporti debbano conciliarsi con un sistema di ordine superiore, le proporzioni devono esprimere l’ordine cosmico e la musica diviene mezzo privilegiato per innalzare la disciplina architettonica al livello di tutte le altre arti. Ecco perché la storia ci racconta un’evidente corrispondenza tra lo sviluppo degli stili architettonici e il percorso della musica occidentale. Se infatti la musica dei primi secoli vede fiorire la monodia liturgica cristiana, caratterizzata da melodie ad una sola voce, di pari passo l’architettura si esprime attraverso le prime basiliche cristiane, di estrema povertà e privazioni architettoniche. Se avanziamo nel tempo arrivando al romanico ed al gotico, scopriamo che negli sviluppi architettonici si cela anche lo sviluppo musicale, e questa nuova concezione permise alla polifonia, in genere ancora a due voci, di ampliarsi in senso verticale consentendo il canto di tre quattro o più voci sovrapposte; l’altezza dell’edificio sonoro supportata dal parallelo sviluppo della notazione musicale. Arrivando in epoca rinascimentale, ci accorgiamo quanto ancora di più questo connubio andò sviluppandosi; il grande Andrea Palladio, architetto rinascimentale, affermava che “…le proporzioni delle voci sono armonia delle orecchie, così quelle delle misure sono armonia degli occhi nostri…”. Affermazione che ci palesa come da sempre la scienza della musica trova conteggio nelle proporzioni dei numeri architettonici e viceversa. Leon Battista Alberti, architetto poliedrico rinascimentale genovese, riferendosi alla musica diceva “… Di questi numeri si servono gli architetti non confusamente e alla mescolata, ma in modo che corrispondano e consentano da ogni banda all’armonia”. Ecco spiegata quindi la forte esigenza di dare all’architettura un saldo fondamento teorico matematico, ed ecco il motivo per cui gli artisti del quattrocento si sono spesso rivolti alla teoria musicale per trovare la chiave dei loro problemi. È  un dato certo che Guillame Dufay scrisse il mottetto “Nuper rosarum flores”, musicando le proporzioni dettate dai numeri della chiesa del Brunelleschi in S. Maria del Fiore. Non bisogna quindi stupirsi che i Pitagorici abbiano dato forma alla complessa teoria degli intervalli dando una dimensione spaziale e matematica alla musica, che i greci studiassero profondamente le proporzioni armoniche e le applicassero nei loro templi, che tutte le arti medievali attingessero ad un immaginario simbolico fatto di numeri e credo religioso, che gli artisti rinascimentali abbiano attinto alle proporzioni degli intervalli per conferire unitarietà alle loro costruzioni. “Il bello sorge, a poco a poco, da molti numeri”, affermava Policleto, e questa è la legge della musica e dell’architettura. Con questo breve scritto spero di avervi dato una piccola nozione su quello che da sempre intercorre tra queste due discipline numeriche. Sono molteplici le fonti a cui poter attingere se vorrete approfondire quanto da me “anticipato”; se amate queste due arti scientifiche vi consiglio davvero di farlo, scoprirete che gli scenari emersi da secoli di studi, raccontano una connessione passionale vecchia e lungimirante, come la storia dell’uomo.

“… Al principio di ogni cosa sta la musica e l’universo non è, che una immensa sinfonia …

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Permettetemi di fare un ringraziamento a tutti coloro che leggono la mia rubrica di architettura e che oltre a non perdere l’occasione di farmi i complimenti sempre ed ovunque su quanto scrivo, mi dicono attendere l’uscita successiva del magazine con estrema curiosità per “spogliare” il nuovo tema da me proposto. Spero di farvi capire a poco a poco quanto complesso ma allo stesso tempo affascinante sia l’universo che abbraccia e che compone l’architettura. Cerco di trasmettervi una piccola parte dell’amore che ho per questo lavoro e per questa disciplina e sapere che ci riesco mi riempe davvero di gioia.

Grazie di cuore a tutti voi!


 

Matteo Rossi



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