Barriere Architettoniche? No Grazie!
“Senza il tuo aiuto io non posso fare niente, con questa maledetta sedia a rotelle è come se fossi dietro le sbarre che non si aprono mai. Cerco la chiave per aprire questa gabbia per volare fuori verso la libertà, una liberta tanto attesa … ma che non verrà mai per me” – Graniero Enrico –
Inizio così, questo articolo che vuol trattare il rapporto che da sempre intercorre tra architettura e diversamente abili, perché queste parole di certo forti citate da Graniero Enrico, sicuramente non famoso per le sue poesie, ci fanno capire perfettamente come sia importante comprendere ed aiutare le persone che tutti i giorni incappano negli errori commessi nella costruzione delle città che ci circondano. Un mondo urbano composto da trabocchetti ed insidie per tutte le persone che presentano una diversa abilità, architetture ed urbanistiche sature di barriere architettoniche.
Scale, piazze, posteggi auto, strade e marciapiedi, percorsi urbani e sanitari, ingressi ed ascensori sono solo alcuni degli elementi costruttivi non adeguati ad accogliere le persone meno fortunate di noi. Con il termine barriera architettonica si intende qualunque elemento costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi (specialmente di persone con limitata capacità motoria o sensoriale).
Da questo consegue che un elemento che non costituisca barriere architettoniche per un individuo può invece essere di ostacolo per un altro; si evince quindi che il concetto di barriera viene percepito in maniera diversa da ogni individuo. Il bisogno di garantire al maggior numero di persone il diritto alla libertà di movimento, ha portato negli anni all’ ovvia ricerca di parametri comuni, che consentissero di limitare il criterio di soggettività. Il passo più importante è stato fatto a livello normativo andando ad individuare quali elementi costruttivi siano da considerarsi barriere architettoniche. Tutto ciò però sta diventando una teoria mai messa in pratica nel nostro mondo, o meglio, mai come si dovrebbe.
Non riusciamo a concepire ed adeguare spazi urbani ed architetture “non selettive”, che siano quindi fruibili indistintamente da tutti. Non si tratta più di elaborare e risolvere solamente il concetto della diversa abilità ma si passa automaticamente al concetto di conflitto uomo-ambiente, ovvero a quella serie di ostacoli ed impedimenti, di forma temporanea o permanente, che impediscono all’utente di fruire in piena sicurezza di tutta quella serie di funzioni, attrezzature e servizi che lo spazio antropizzato dovrebbe garantire a tutte le categorie d’utenza.
In tal senso accanto alle barriere fisiche e percettive si apre inderogabilmente un mondo analogo e parallelo; quello delle barriere comunicative, ovvero di tutti i segnali che l’ambiente genera nei confronti dei propri fruitori. Quando due persone “comunicano” non si scambiano solo delle informazioni, ma creano anche un rapporto, una relazione interpersonale; In questi scambi interindividuali, si possono verificare dei disturbi che costituiscono appunto queste barriere comunicative, cioè quei disagi che si manifestano quando una persona è costretta ad esprimersi nel disagio perché impossibilitata di relazionarsi in modo autonomo con il suo mondo, sia con i singoli individui che con i suoi gruppi di riferimento.
Anche il modo in cui la persona viene valutata dagli altri quindi può creare barriere comunicative in quanto chi è sempre sottoposto a moralizzazioni , valutazioni e giudizi, riceverà sempre un messaggio di sfiducia perché trattato da persona “speciale” nella normale società che lo circonda. Il clima di fiducia è molto importante in questo tipo di rapporti interpersonali per far si che il processo comunicativo tra le persone abbia successo; in questo clima di diffidenza non può instaurarsi un legame di fiducia e non si può realizzare una comunicazione significativa e sentirci tutti allo stesso livello.
Per questo il diversamente abile va messo a proprio agio nel mondo dove vive in modo pratico, facendolo sentire una persona libera di interagire con la propria città; facendo ciò anche la barriera comunicativa con il resto dei cittadini sarà abbattuta non sentendosi più una persona che esige delle attenzioni particolari e quindi diverse dagli altri. Tutto questo si può realizzare, la coerenza progettuale va applicata; con la tecnologia che abbiamo ad oggi a nostra disposizione, con le apparecchiature elettroniche sperimentate e tutte le norme progettuali urbane ed architettoniche in vigore, possiamo veramente abbattere queste barriere e diventare tutti cittadini di un unico e paritario mondo.
Purtroppo noi umani tante volte siamo abituati a vedere solamente quello che vogliamo vedere, spesso lo facciamo senza nemmeno rendercene conto. Penso invece che ogni persona è diversamente-abile perché ognuno ha capacità intellettive diverse, gusti diversi, abitudini diverse. Tutta questa diversità non deve essere una colpa, ma un valore; dono per sé e per la società. Accettare i disabili significa accettare anche tutti gli altri, così come sono con le loro contraddizioni, debolezze, limiti, egoismi, pochezze, incomprensioni. Perché noi tutti, chi più o meno, siamo tutto questo.
Matteo Rossi Architetto
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